La mostra di Massimo Puppi al Bistrot de Venise in calle dei Fabbri è, per più di un motivo, sorprendente: e anche solo questo non sarebbe poco, dal momento che ovunque e sovente hai l'impressione di avere "già visto".
Sorprendente perché appare, a un tempo, primitiva, geometrica, numerologica. Cominciamo (e anche finiremo) con la geometria. I dipinti sono scanditi, quasi tutti, in modo netto e marcato, da piccoli quadrati che contengono a volte una geometrica nave o un geometrico faro, ma per lo più presentano piccole figure umane geometricamente stilizzate, che sembrano vagamente danzare.
Nave e faro: come dire viaggio sicuro e rilassato. Dipingere è per Massimo Puppi un sereno e corroborante modo di viaggiare e di sognare; oppure, forse, un faro che illumina il suo viaggio, cioè il suo vivere, con un pizzico di poesia.
Le figurine umane che popolano l'idillico sogno, ricordano, inopinatamente, la incredibile "Raccoglitrice di miele", capolavoro rupestre della "Cueva de las aranas" a Valencia, che Puppi non aveva mai visto, anzi ne ignorava perfino l'esistenza, ma che invece rapì ed ispirò Matisse e Picasso, quando fu scoperta.
Le piccole figure di Massimo, monocromatiche, indistinte e indifferenziate, danzanti o vaganti nel piccolo spazio, formano gruppi di tre, di cinque, di sette. Ciò che le caratterizza è il numero costitutivo del gruppo.
Così pure gli stessi dipinti, che abbiamo visto essere divisi in quadrati, ne contano o tre o cinque per lato, dunque il numero complessivo è ovviamente un loro multiplo. Per giunta tali lati misurano cinquanta o settanta centimetri.
Ora il tre, il cinque, il sette sono numeri magici nelle culture arcaiche e antiche. Non per caso la data della fondazione di Roma, data convenzionale, cioè inventata, concordata e magica, è il 753!
Di fronte al dato storico c'è il dato di fatto che tutto ciò Massimo Puppi non sapeva e pertanto (si intuisce facilmente) egli dà espressione istintuale a tali scelte, da "primitivo", così come esprime i colori, le forme, le geometrie.
In effetti fra le cose che caratterizzano la produzione artistica c'è la capacità intrinseca di recuperare e riprodurre idee, emozioni, suggestioni, magari che scava e trova, può non avere coscienza.
Dunque "ben scavato, vecchia talpa"! Cioè buon lavoro, caro vecio Artista!
Anselmo Cassino